Tipi di orologio creati tra XIV – XVI secolo ed evoluzione

Esistono principalmente tre categorie di orologio, di differenti dimensioni, creati tra il XIV ed il XVI secolo, con il progredire della tecnica del settore:

  • orologi da torre
  • orologi da interno
  • orologi da persona

I primi veri orologi meccanici furono orologi pubblici da torre, costruiti con uno sviluppo verticale. Furono sostanzialmente soltanto delle torri campanarie automatizzate, dalle quali si ottenevano, al momento desiderato, i rintocchi che segnalavano l’ora.

Vennero scelte le torri per collocarvi i primi esemplari, perché queste fornivano la possibilità di migliorare il risultato acustico ottenuto ed anche per avere un maggiore spazio di caduta per il peso motore, aumentando di conseguenza il tempo di durata della carica giornaliera.

Orologi più antichi d’Italia e d’Europa

Questi stessi orologi furono successivamente dotati di quadranti dipinti sul muro esterno, poi sormontati, almeno secondo quanto viene sostenuto da Viollet-le-Duc, da protezione da tettoie fatte sia in legno che in piombo, e poi spesso dipinte. Di questo tipo di parti architettoniche non se ne ritrovano molte tracce nell’iconografia milanese, il che fa supporre che probabilmente questo fosse un usò più diffuso nell’area francese. Le tettoie erano utili anche per proteggere, almeno in parte, la lancetta metallica dalle intemperie, che l’avrebbero rapidamente deteriorata.

Orologi astrari

Un altro genere di orologi sempre di dimensioni considerevoli, che venne prodotto fin dalle origini erano gli astrari. Erano un tipo di orologi già conosciuti al tempo dei greci e che ebbe una certa diffusione durante l’età medievale, caratterizzato da una maggiore complessità sia per la realizzazione che per il mantenimento in funzione. Sono anche un segnale dell’interconnessione esistente tra questa arte meccanica e quella scienza.

 

astrario del dondi

 

Era dotato di indicazioni del moto degli astri e della terra. I primissimi e più primitivi esemplari, erano già in uso al tempo dei greci. Uno dei più noti è l’orologio di Giovanni Dondi a Padova, il quale è dotato di 8 quadranti, uno per le ore ed uno per ognuno dei sette pianeti all’ora conosciuti, oltre il sole e la luna, dei quali indicava la posizione. Il quadrante delle ore era diviso in 24 e girava in senso antiorario.

 

Filippo III il Buono

 

Un fatto particolarmente interessante è che iniziava a calcolare il giorno da mezzogiorno, a causa della considerevole difficoltà che si incontrava ad identificare l’occaso, il momento generalmente adottato. Il suo produttore, oltre ad essere un orologiaio, fu anche un medico rinomato e dotato di conoscenze astronomiche, un genere di competenze diffuso tra i tecnici del settore.

Orologio di Filippo III il Buono

Poi, con il passare del tempo, evolvendosi le capacità tecnologiche e le competenze degli orologiai, le dimensioni dei meccanismi vennero ridotte, pur lasciando invariato il meccanismo, il che ha consentito la produzione anche di orologi da interno. Il più vecchio esemplare di questo genere che si è conservato fino ai giorni nostri, risale al 1430 ed è un orologio da camera a molla, che apparteneva a Filippo III il Buono (1396-1467), duca di Borgogna. Durante il XIV secolo furono ovviamente costruiti anche orologi da interno, dei quali però non si ha alcuna testimonianza, probabilmente perché avevano fatto meno “scalpore”, avevano probabilmente colpito meno i contemporanei, che quindi non li hanno ritenuti degni di particolare attenzione.

Orologio di Filippo IV il Bello

Un esemplare “speciale” di orologio da interno, è quello realizzato da Pierre Pipelard per il re Filippo IV il Bello (1268-l314), fatto interamente in argento. In questo genere di apparecchi lo scappamento a verga e foliot poteva essere utilizzato assieme alla molla motrice, combinando così due diverse tecnologie, consentendo così il loro impiego sia quando erano appesi ad un muro, e quindi azionati dal peso motore, sia su una superficie orizzontale come un tavolo, azionato dalla molla.

È inoltre indicativa dell’evoluzione degli orologi da tavolo rinascimentale a molla la loro relativamente piccola dimensione, avevano infatti un diametro di circa 10 cm, ed un’altezza di circa 6 cm. L’orologio con il tempo assunse anche svariate forme, tra cui quella di breviario e di ostensorio. Nello specifico quello da tavola assunse forme molto diverse tra loro, come: di edicola, a cilindro, a globo, a calvario (raffigurante Cristo in croce).

 

L’orologio a lanterna

orologio a lanternaUn altro tipo di orologio di piccole dimensioni, era azionato da pesi, e aveva generalmente una cassa fatta di ottone, ed era, come la gran parte degli orologi del tempo, dotato di suoneria. Era inoltre dotato di un grande quadrante ed un’unica lancetta, che serviva ad indicare le ore. Di solito aveva uno stile abbastanza sobrio. Gli orologi da tavolo erano quindi in definitiva apparecchi di dimensioni ridotte, anche se non facilmente trasportabili, generalmente a sviluppo orizzontale. Spesso avevano la forma di un parallelepipedo, ed erano sovrastati da una cupola, che fungeva da campana sopra la quale potevano talvolta esservi delle piccole statue ornamentali, erano inoltre dotati di una cassa in bronzo dorato.

Orologi da tavolo

Per quanto riguarda l’Italia fu soprattutto a partire dal XVI secolo che iniziò a diffondersi l’uso degli orologi da tavolo, che avranno però una maggiore diffusione soltanto nel secolo successivo. L’orologio da tavolo si diffuse quindi tra il XVI ed il XVII secolo. La forma tipica: platina superiore e una inferiore, dei pilastri tenevano insieme le platine, ed erano spesso ornati. Il quadrante era disposto sopra la platina superiore, erano azionati a molla. Le prime pendole, un tipo di orologi da casa, erano invece dotate di una gabbia in ferro, poggiante su tre o quattro piedi e solitamente munite di una suoneria. Con il passare del tempo vennero dotate di quadranti supplementari, oltre a quello delle ore, e di automi (almeno nel XVII e XVIII secolo). Dal XVI secolo anche le pendole vennero ornate e maggiormente curate nel loro aspetto esteriore.

Orologio da carrozza

Dal 1630, circa iniziò a diffondersi l’orologio da carrozza, di forma tondeggiante, di dimensioni comprese tra gli 8 ed i 16 cm, costruito, come dice il nome, per essere facilmente trasportato durante i viaggi. Questo tipo di apparecchio, si diffuse in special modo in Francia mentre ben scarsi furono gli esemplari presenti in Italia. Sempre nel XVII secolo, si sviluppò un nuovo tipo di orologio, quello notturno, illuminato dall’interno, fatto appositamente per andare incontro alla necessità di conoscere sempre l’ora, senza per questo dover essere disturbati dalla suoneria od utilizzare i mezzi di illuminazione accessori. Questo apparecchio era in tutto simile ai comuni orologi da tavolo, tranne per il fatto che il quadrante era posto al suo interno e non era completamente visibile, così che era possibile vederne solo la parte superiore, ove era indicata l’ora.orologio da carrozza

In questi tipi di orologi era sempre la mostra a girare, e spesso non era neanche dotato di lancette. Il bisogno che questi apparecchi soddisfava era già sentito in precedenza, e per ovviarvi vennero introdotte delle innovazioni: dei rilievi in corrispondenza dei numeri, in modo che si potesse sapere l’ora anche di notte, tastando il quadrante; o al loro interno poteva essere inserita una fonte di luce, per illuminarne il quadrante.

Orologi da interno

Verso il XVII secolo, anche negli orologi da interno, venne introdotta la segnalazione oraria in sei, con il relativo quadrante.

Sempre tra gli orologi costruiti per i privati, vanno infine annoverati gli orologi da persona, che logicamente erano prodotti per essere trasportati con facilità. La loro realizzazione richiese però, oltre ad un’ulteriore riduzione delle dimensioni rispetto agli organi meccanici, la creazione di un nuovo strumento, il conoide.

Le caratteristiche che un orologio doveva soddisfare per poter rientrare in questa categoria, sono le seguenti:

  • avere una fonte di energia interna;
  • funzionare in qualunque posizione in cui sia collocato;
  • essere protetto dalla polvere ed abbastanza immune ad eventuali urti;
  • essere di dimensioni e di peso abbastanza contenuti, quindi entro poco più di un etto e non superiore ai 7 cm di diametro.

Orologi da portare addosso

Per le dimensioni erano inizialmente portati in una borsa apposita, poi, secondo varie evoluzioni, al collo ed infine in tasca. La definizione spesso adottata per definirli, “orologi da portare addosso”, venne coniata nel 1612 da Guido Panciroli per la sua opera Raccolta breve delle cose che ebbero gli antichi.

Orologio meccanico portatile

L’invenzione dell’orologio meccanico portatile però risale alla seconda metà del XV secolo, e secondo lo studioso E. Morpurgo i primi furono prodotti da Pietro Guido di Mantova verso il 1480, anche se già prima si cercò di ridurne le dimensioni per renderli più idonei al trasporto. La dimostrazione sta nel fatto che il re di Francia, Carlo V (1338-1380), possedeva, già nel 1377, un orologio di piccole dimensioni di produzione tedesca, realizzato da Enrico de Wich, ma che non rientrava ancora nella categoria dei portatili.orologio meccanico portatile

La sua nascita fu resa possibile solo con l’applicazione della molla a spirale come meccanismo motore per i congegni dell’orologio, in sostituzione del peso motore. Gli orologi da petto, la forma più comune per quelli portatili, nel periodo che va dal 1540 al 1590, erano spesso a tamburo, uso frequente anche in Italia.

Originariamente avevano una cassa semplice, con coperchio traforato senza cerniera, solo in seguito i coperchi furono dotati di cerniera, ed infine vennero cesellati sia il coperchio che la cassa. A riprova dell’evolversi delle capacità siderurgiche degli orologiai.

Taluni esemplari svolgevano anche la singolare funzione di porta profumi. Questo tipo di orologi erano molto più delicato di quelli a peso. Inoltre almeno fin dalla metà XVII secolo, gli orologi cominciarono ad essere in argento, sia la cassa che il quadrante, anzi quest’ultimo già nella prima metà del secolo. Questo tipo di orologio, fu sicuramente inventato per usi prettamente domestici, a differenza dei primi esemplari di quelli da torre. Al 1620 invece risalgono alcuni esemplari di orologi portatili dotati di cassa di cristallo di rocca.

 

Gli orologi “portativi”

Come venivano chiamati a quel tempo, erano spesso dotati di un anello, per essere facilmente appesi al collo, il modo più diffuso di trasportarli, assieme a quello di metterli in una custodia attaccata alla cintura, e dotati di suoneria, per indicare il trascorrere delle ore. Altre volte venivano semplicemente portati in un sacchetto di cuoio appeso al collo. Questo tipo di orologi aveva una cassa tendenzialmente tonda, fatta di ottone, e dorata nei pezzi più preziosi. In questi esemplari, almeno dalla prima metà XVII secolo, si trova traccia della firma dell’autore.

La cassa degli orologi portatili poteva però assumere anche svariate altre forme: a tamburo, sferica, ovale (queste sono generalmente note anche come “uova di Norimberga”).

Poteva inoltre capitare, almeno a partire dal XVI-XVII secolo, che anche gli ingranaggi venissero indorati, in special modo negli esemplari in cui erano visibili. Il progressivo sviluppo della miniaturizzazione dei componenti, consentì la realizzazione di alcuni interessanti esempi di orologio, come quello posto in un anello, proprietà dell’imperatore Carlo V, che suonava ed indicava le ore; l’esemplare, sempre messo in un anello e realizzato dal veneziano Zuan Zorzi (Giovanni Giorgio) Capobianco nel 1537 per il sultano Solimano I (1494-1566), che batteva le ore ed indicava i segni zodiacali; od infine gli orologi incastonati nei manici dei pugnali, realizzati nel 1518 a Blois da Julien Couldray, per il re di Francia Francesco I.

Spesso sul quadrante di questi modelli veniva raffigurato, come ornamento, il sole.

 

Altre notizie sugli orologi e le successive evoluzioni

Gli orologi, come segnalato, fornivano anche altre indicazioni oltre a quella dell’ora, come, per esempio, quella della data. L‘esemplare più vecchio conosciuto con questa funzione risale a ben il 1548, costruito a Norimberga e firmato C. W.

Sigla che è stata attribuita dagli studiosi all’orologiaio tedesco Caspar Werne. A partire dal XVI secolo furono invece dotati di indicazioni sui segni zodiacali, in funzione delle allora diffuse credenze astrologiche. Anche per quanto riguarda i meccanismi, vi sono da segnalare varie innovazioni, soprattutto a partire dal 1615 vennero introdotte la vite in metallo senza fine o tangenziale, questa, negli orologi da persona si affiancava a quella a rocchetto e cricchetto, e serviva a regolare la molla di carica.

Ornamenti e decorazioni

Progressivamente invece calò l’uso dello stackfreed, anche a causa della sua maggiore complessità e si diffuse l’uso di una meccanica più semplice ed essenziale. Decade l’uso di introdurre le segnalazioni astronomiche e, in special modo dal 1600 circa, la parte meccanica iniziò a semplificarsi. Al posto dei segni astronomici si cominciò a miniaturizzare i congegni ed a ornarli.

Spesso venivano ornati, almeno dal XVI secolo, da simboli mitologici, come Cronos e Mercurio, o religiosi, come angeli, o in forma di piccole statue o dipinti. Per realizzare questi ornamenti prima venivano impiegati gli smalti, poi gli smalti dipinti e spesso venivano coinvolti anche pittori nella realizzazione degli orologi, almeno per ornare i quadranti degli esemplari più preziosi (dalla fine del XVI secolo).

 

ornamenti e decorazioni orologi

 

Negli esemplari più vecchi di orologi portali il quadrante non era smaltato, gli orologi con smalti si diffusero infatti soprattutto a partire dal XVII secolo (nel 1632 viene inventata la pittura a smalto colorato). Nello stesso periodo la cassa dell’orologio assunse forme nuove: di teschio (il più vecchio orologio conosciuto di questo tipo risale al 1620), a fiore, d’animale, a crocefisso; venne inoltre modificato il treno che diventava lungo o corto, in base al tipo di meccanismo adoperato. Per quanto riguarda invece gli orologi a conoide, grazie ad una epistola dell’orologiaio viennese Felix Fabian, viene fatto risalire al 1539 la prima notizia dell’uso di una catena snodata in sostituzione del budello o del pelo di cinghiale, adottata perché inalterabile e ben più duratura. Questo tipo di catena fu inizialmente utilizzata negli orologi da tavolo, poi, solo dopo alcuni decenni, in quelli da persona.

Per lungo tempo però, vennero usati entrambi i materiali, come si può evincere dalla seguente notizia: nel 1660, per il matrimonio tra l’infante d’Austria Maria Teresa e Luigi XIV, vengono ordinati a Milano dei drappi per il suo nuovo appartamento, prodotti sotto la direzione del signor Cittadini, quest’ultimo ebbe poi come ricompensa per il lavoro da lui svolto, un orologio portatile a budello, una cosa per l’epoca assai singolare.

XVII secolo

Da circa la terza decade del XVII secolo fu inoltre introdotto l’uso di cristalli trasparenti per proteggere i quadranti, che vennero progressivamente sempre più ornati con gli smalti, anche a seguito dell’invenzione da parte di Jean Toutin il Vecchio, nel 1630, della tecnica di pittura su smalto, che verrà ampiamente utilizzata nel settore. Già dal secolo precedente erano utilizzate le incastellature di bronzo in sostituzione di quelle in ferro, per sorreggere i meccanismi, sia negli orologi da torre che portatili. Questa lega verrà però impiegata per la costruzione delle ruote solo a partire dal terzo quarto dello stesso secolo.

Negli orologi da mensola

Invece si svilupparono una molteplicità di meccanismi e casse, e furono creati bilancieri di forme diverse: soprattutto a barra e ad anello. I treni si sviluppano in senso verticale, più spesso affiancati che in linea od anche orizzontalmente, a piani sovrapposti, anche se quest’ultima disposizione dei ruotismi fu introdotta solo in una seconda fase, in origine erano sempre disposti verticalmente.

In entrambe le varianti si ha comunque un’azione di movimento alternato. Nei bilancieri ad anello la regolazione avveniva tramite il peso motore. Passando nello specifico ad analizzare l’orologeria italiana non si può non osservare come questa producesse un numero limitato di esemplari, soprattutto se raffrontata a quella tedesca. Rimaneva abbastanza pregiata la produzione delle suonerie e dei quadranti, ma già allora cominciavano a manifestarsi i primi segni del suo declino anche in questi prodotti. Sempre nella Penisola venne introdotta solamente con un certo ritardo anche negli orologi domestici e portatili l’indicazione di una serie in XII, e nella suoneria di quelli da edificio in XII od in VI, come nel caso dell’orologio della chiesa di San Gottardo costruito da Alessandro de Mascarone.

Verso la fine del XVII secolo furono introdotti sul mercato nuovi tipi di orologi. Tondeggianti: i cipollini, che da un punto di vista meccanico, non sono poi molto diversi da quelli precedenti, essendo ancora azionati da un conoide.

Calcolo ventiquattro ore in Italia

Dal 1530 circa, le innovazioni tecniche nel settore alle invenzioni di C. Huyghes sono costituite sostanzialmente solo da semplici perfezionamenti della tecnologia già in uso. Le principali e più eclatanti evoluzioni si ebbero esclusivamente nell’estetica. Nei secoli XIV e XV si cominciò a diffondere in Italia l’uso di calcolare il tempo in ventiquattro ore e non in due serie da dodici, come si faceva in Inghilterra.

Questo modo di calcolare il tempo verrà introdotto in Italia solo nel XVI secolo, ma venne completamente adottato in sostituzione del precedente solo con molta lentezza, come dimostra la pubblicazione nel 1761 di un’opera nella quale venivano ancora riportate due tavole per correggere gli orologi: una per quelli di uso italiano ed una per quelli di uso francese, oltre alle tavole che per ogni giorno indicavano l’ora esatta dell’alba e del tramonto, momenti del giorno ancora importanti per la regolazione degli orologi .

Suoneria degli orologi

Sempre nella nostra Penisola, era generalmente invalso l’uso di riferirsi alla suoneria degli orologi da torre con il termine di La Campana di San Pietro. Il conteggio delle ore rimase, per lungo tempo, legato al vecchio sistema, consistente in una serie di XXIV, a partire da mezz’ora dopo il tramonto, il momento in cui si recita l’Ave Maria, dal XVII secolo, dal tramonto nella fase precedente. Talvolta, in un periodo che si potrebbe definire di “transizione”, era invalso l’uso di una doppia indicazione delle ore sulla mostra, per consentire l’impiego dell’orologio sia secondo l’uso francese che quello italiano, un problema molto sentito nella penisola.

Ad esempio all’esterno potevano essere indicati i numeri romani da I a XII, e all’interno, in corrispondenza dei primi, i numeri arabi, compresi tra 13 e 24. Al riguardo esistono anche alcuni esempi di orologi di fabbricazione tedesca nei quali era impiegata la doppia numerazione oraria sulle mostre, come riprodotto nello schema sopra indicato.

La variazione dell’ora tra un orologio che calcolava le ore alla francese ed uno che lo faceva in base al sistema italiano era compresa tra 1 e 2 minuti in avanti o indietro, come indicato nell’opuscolo scritto da Giacomo L. Capucci, altra prova che il senso della puntualità non era così accentuato all’epoca, e forse anche che le migliori tecnologie, con le quali si sarebbe potuto constatare il problema, impiegarono del tempo a diffondersi.

Ove venne adottato il calcolo delle ore in 2 serie da 12, si iniziava a calcolare il trascorrere del tempo da mezzogiorno, momento della giornata facilmente identificabile, come aveva intuito Dondi. L’uso di una suoneria che doveva fare al massimo 12 rintocchi ha indotto anche un risparmio di energia, che consentivano una minore carica del peso motore ed anche della lunghezza della sua corsa, permettendo la riduzione della dimensione complessiva dell’apparecchio.

Per questo nella penisola ebbe una certa diffusione la suoneria in 6 (quattro serie per ogni giorno) perché richiedeva meno energia per azionare la suoneria della tradizionale in 24. La ancor maggiore limitatezza della carica disponibile in un orologio da persona, fu quindi la probabile causa che indusse ad una ben più rapida adozione dell’uso straniero di calcolare le ore.